CASA ROSSA XIMENES


LA CASA ROSSA XIMENES

Il complesso fu costruito dall’Ingegner Leonardo Ximenes fra il 1765 e il 1768, nel quadro dell’opera di bonifica della Maremma grossetana, che nell’area di Castiglione della Pescaia doveva portare al prosciugamento dell’antico Lago Prile, o Lago di Castiglione, attraverso un’imponente opera ingegneristica di canalizzazione.
Ximenes fu incaricato di effettuare i lavori di bonifica dal Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, le cui opere furono definitivamente concluse soltanto negli anni Cinquanta del secolo scorso.

I progetti di Ximenes segnarono una delle fasi più significative nelle opere di bonifica. Egli sosteneva che il grande lago di Castiglione non dovesse essere prosciugato completamente, come tentato in precedenza, ma dovesse essere opportunamente controllato nel regime delle acque per evitarne il ristagno, lasciandolo come importante fonte di reddito e di occupazione (pesca, caccia, trasporti, utilizzo della vegetazione palustre).

La costruzione della Casa Rossa era pertanto finalizzata a svolgere funzioni di bonifica per colmata, da attuarsi attraverso la regimazione idraulica delle ondate di piena invernale, garantendo inoltre il controllo ed il supporto idrico nei periodi di magra, atti a garantire le attività ittiche. Sono tuttora presenti e ne caratterizzano gli ambienti interni e quelli esterni, strutture tecnologiche come; chiuse, paratie e ingranaggi vari, ancora funzionanti, seppure non utilizzati.

La Casa Rossa Ximenes si presenta come un caratteristico complesso architettonico costituito da un corpo di fabbrica principale e due corpi secondari, più bassi di un livello, addossati ai lati. Il corpo principale poggia su una struttura a tre arcate, sotto la quale scorrono le acque che dalla Diaccia Botrona tendono a defluire verso il mare. Sui due livelli del corpo principale si aprono una serie di finestre di forma quadrangolare, ciascuna delle quali è separata da quella attigua da una lesena che attraversa verticalmente l’intera facciata; sui corpi laterali è invece presente soltanto una finestra tamponata. Dal lato meridionale del complesso origina un ponte a cinque ordini di arcate che unisce l’area del complesso architettonico alla zona palustre prospiciente.

Il cuore ingegneristico della Casa Rossa era costituito stanzone dell’argano, collocato sopra lle tre grandi arcate, nel quale erano collocate le macchine e le pulegge utilizzate per manovrare le cateratte (è così chiamata qualsiasi opera di sbarramento destinata a trattenere e frenare il corso delle acque) di cui quella centrale pesava circa 40 quintali. La struttura permetteva di controllare il deflusso del grande fosso, detto Canale Reale o Maestro, che consentiva il ricambio delle acque del lago. Tale infrastruttura di bonifica doveva servire, oltre a fini idraulici ed igienico-sanitari, anche ad azionare mulini e frantoi, ad abbeverare il bestiame, a garantire la percorribilità del canale e a permettere uno sfruttamento razionale della pesca, così da far recuperare al lago il suo antico ruolo di centro di rifornimento ittico della Toscana granducale.

La Casa Rossa è oggi sede del Museo Multimediale Interattivo realizzato da Mizar, agenzia per la divulgazione scientifico e  progettato dal noto fisico Paco Lanciano.
Il particolare percorso didattico si sviluppa in tre parti e su due piani della Casa Museo: un originale documentario sulla Diaccia Botrona, integrato con proiezione sul plastico della zona, accoglie i visitatori mostrando come l’ambiente attuale sia il risultato dell’evoluzione naturale e degli interventi umani nel corso della storia. Nella seconda parte del percorso il visitatore partecipa ad un gioco di riconoscimento del volo degli uccelli all’interno di una stanza che simula un capanno di avvistamento (capanno virtuale). L’esplorazione si conclude con la proiezione interattiva di immagini e puzzle sul pavimento in legno che si trasforma in un divertente “tappeto sensibile”.

 

LEONARDO XIMENES

Leonardo Ximenes nacque a Trapani da un’antica famiglia di origini spagnole e studiò presso il locale collegio dei Gesuiti che sorge ad appena un isolato dalla sua casa natale. Vestì poi l’abito della compagnia di Gesù che lo destinò alla provincia toscana nel 1731. Dopo il noviziato nel 1736 venne trasferito nella Provincia Romana e destinato all’insegnamento delle lettere presso il Collegio di S.GIovannino a Firenze. Venne successivamente incaricato di istruire i figli del marchese Vincenzo Riccardi. A seguito delle sue prime pubblicazioni in ambito scientifico gli venne affidata la cattedra di Geografia e affidato l’incarico di redigere la cartografia della Toscana per comando di Francesco.

Mente eclettica, fu ingegnere idraulico e civile. Come ingegnere idraulico avviò nel 1757 la bonifica del lago di Bientina, oggetto di controversie secolari tra Lucca e Firenze. Fece costruire un grande canale emissario dal lago all’Arno, un polo viario per facilitare commercio e comunicazioni tra l’interno e il mare. Due fabbriche imponenti di cateratte regolamentavano il flusso delle acque tra il fiume e il lago, veri e propri caselli autostradali dell’epoca. Sola testimonianza rimasta oggi la Fabbrica delle Cateratte a via due ponti a San Giovanni alla Vena di Vicopisano, ma in degrado e abbandono: all’interno marchingegni di ingegneria idraulica del ‘700, in legno di quercia, unici in Italia. Nel 1765 Ximenes si occupò della bonifica della Maremma Grossetana, di cui divenne uno dei principali attori. Come ingegnere civile, successivamente, realizzò la strada tra Pistoia e Modena sul versante toscano: la via regia modenese, oggi strada regionale 66. Due piramidi ai lati del passo dell’Abetone ricordano ancora oggi l’imponente lavoro. Come astronomo si occupò dello studio dell’obliquità dell’eclittica e restaurò lo gnomone di Santa Maria del Fiore, scoprì l’influenza della luna sulle maree in un’epoca, 1755, ancora restia a riconoscere il valore delle osservazioni scientifiche, come era stato per Galileo.

Mentre come professore nell’università di Firenze tenne corsi di ingegneria idraulica. Come scienziato idraulico Ximenes si occupò di strumenti per misurare la velocità delle acque, dimostrando fin da giovane grandi doti d’inventore. Gli strumenti più noti da lui inventati furono la ventola e la valvola idraulica, che gli consentirono di misurare la velocità puntuale della corrente.

Fu anche scrittore e membro di numerose accademie internazionali (Verona, Siena, Parigi, Pietroburgo). Dal 1750 al 1759 collaborò con il gesuita veneziano Francesco Antonio Zaccaria nella pubblicazione della rivista enciclopedica Storia letteraria d’Italia. In particolare, Ximenes collaborò alla redazione delle pagine dedicate alla scienza.

Nel 1756 fondò a Firenze l’osservatorio astronomico di “San Giovannino” (o Osservatorio Ximeniano), cui dedicò gli ultimi anni della sua vita e che oggi, pertanto, porta il suo nome. È ancora oggi uno dei più importanti a livello europeo e vi è conservata la biblioteca di Ximenes.

Il suo spessore scientifico e intellettuale era riconosciuto dai grandi del suo tempo, tant’è che il granduca di Toscana lo scelse come suo geografo e ingegnere.In particolare, nel biennio 1763-64 egli dedicò quattro perizie alla famosa questione del Reno, dove si confrontò e prevalse sui due matematici francesi dell’Ordine dei Minimi, padri Tommaso Le Seur e Francesco Jacquier.[3] Leonardo Ximenes morì il 3 maggio 1786 di un colpo apoplettico. Nel suo testamento destinò la biblioteca, gli strumenti e le rendite dei suoi beni immobili siciliani alla costituzione delle cattedre di astronomia e di idraulica, da affidare ai padri scolopi Stanislao Canovai e Gaetano del Ricco. Le due cattedre rimarranno attive fino alla metà dell’Ottocento. In segno di gratitudine i fiorentini gli erigeranno un busto marmoreo, collocato nell’osservatorio di S. Giovannino.

 

LA BONIFICA MAREMMANA

 

Avviata dal governo degli Asburgo-Lorena e proseguita per tutto l’Ottocento, la bonifica idraulica e sanitaria della Maremma, per secoli regione paludosa e malarica, fu completata con la bonifica agraria del primo dopoguerra – che comportò l’introduzione di nuove colture e razze bovine e l’insediamento di coloni veneti – e definitivamente conclusa a metà del Novecento. La storia degli interventi sul territorio, che oggi sono rivolti alla creazione di aree naturali protette, è raccontata nel brano della Guida Rossa Toscana del Touring Club Italiano.

Fu Pietro Leopoldo, nella sua attività “illuminata” volta a modernizzare il Granducato di Toscana, a interessarsi al problema delle paludi maremmane, combattendo il latifondo, eliminando i vecchi diritti feudali, favorendo una proprietà più parcellizzata e introducendo nuove colture. In quest’ottica, la bonifica delle terre (ad esempio, attorno alla laguna di Orbetello) divenne un problema di Stato, e le opere di canalizzazione e arginatura dei fiumi furono affidate alla direzione del padre scolopio Leonardo Ximenes (1716-86). Con la restaurazione, a partire dal 1815 proseguono gli interventi granducali sulle aree malsane (Maremma, Valdichiana, Fucecchio), sotto la direzione di Vittorio Fossombroni e poi di Alessandro Manetti. Al sistema delle cateratte si affianca quello delle colmate (le acque melmose dei fiumi sono fatte confluire all’interno di circoscritte aree palustri; filtrate, le acque chiare vengono fatte defluire e man mano la palude si “colma”). Nel 1828 Leopoldo II inizia la bonifica della pianura grossetana: colmate le paludi, sono aperte nuove strade (attorno al 1840 è ricostruita anche l’Aurelia); lo seguono in questa politica alcuni privati, come i della Gherardesca nella Maremma pisana.

A breve termine, però, soltanto una parte della pianura risultava coltivabile. Bisognerà attendere l’annessione al Regno d’Italia perché le bonifiche vengano dichiarate “opere di pubblica utilità”. Fin dal 1864 la Maremma è attraversata dalla nuova linea ferroviaria Pisa-Roma, cui alla fine del secolo si aggiunse la diramazione per l’Argentario (tronco oggi non più in servizio). Tra i nuovi sistemi tecnici si affermarono quelli dello scolo diretto in mare e della canalizzazione con idrovore. Il problema della malaria, comunque, era ancora ben lungi dall’essere risolto: in uno studio del 1892 risultava che la malaria era presente nella fascia fra Piombino e il Lazio in forma “grave e gravissima”. Fino al 1897 vari uffici pubblici di Grosseto si trasferivano durante l’estate a Scansano, dando vita a un vero e proprio “scambio di popolazione” con le zone collinari interne, che d’inverno assumeva un epico verso contrario, con pastori e boscaioli che scendevano lungo le coste.

Solo dopo la prima guerra mondiale fu avviata la “bonifica integrale”, cioè non solo idraulica e sanitaria ma, sotto la spinta dei fermenti sociali dell’epoca, anche agraria, con un’economia basata non più esclusivamente sulla cerealicoltura estensiva. Con la partecipazione dell’Opera nazionale Combattenti vennero introdotte nuove colture di qualità e nuove razze bovine, potenziate le infrastrutture e favorita l’immigrazione di contadini veneti. Dopo gli interventi del periodo fascista la regione risultava ormai sufficientemente fertile; ma si deve all’ultima “colonizzazione” post-bellica (legge del 1950) la definitiva soluzione del problema delle paludi. La riforma agraria, attuata dall’Ente per la Colonizzazione della Maremma tosco-laziale (a sinistra dell’Ombrone) e dal Consorzio per la Bonifica grossetana (a destra del fiume), colpiva il latifondo degli ultimi grandi proprietari e mirava alla diffusione della piccola proprietà, mentre era favorito il nuovo insediamento sparso, fino ad allora estraneo alla realtà maremmana in età moderna, basata sui centri costieri e su quelli interni di crinale e di sprone.

Il terreno bonificato è ordinato e geometrizzato mediante ulteriori strade e canali, che imprimeranno un nuovo aspetto al territorio, mentre assumono il ruolo di elementi tipici le file di eucalipti frangivento e i mulini a vento per sollevare l’acqua. Un nuovo acquedotto conduce l’acqua del Fiora all’Argentario. La bonifica innesca un processo economico e territoriale di grandi trasformazioni. Tutto gravita ora in direzione della costa, ma con una rete urbana priva di un unico centro polarizzatore: i principali – a livello locale e mai regionale – sono Grosseto e Follònica, dove un’incongrua urbanizzazione ha compromesso i valori ambientali e culturali costieri. Accanto ai centri nati lungo la ferrovia, per gemmazione dagli antichi borghi (Sticciano, Scarlino, Montepescali), aumentano tutti i nuclei di pianura, specialmente quelli, come Albinia, posti tra la ferrovia e l’Aurelia (arteria potenziata a partire dal 1960). Il proliferare quasi continuo di centri litoranei ha incrementato il turismo – elemento economico fondamentale della nuova Maremma, assieme all’agricoltura, dopo la crisi delle miniere – non senza timori di compromissione del paesaggio e dell’ambiente naturale con i suoi ecosistemi.

Per arginare la nuova “malaria” della cementificazione sono state create alcune aree-cuscinetto protette: il Parco naturale della Maremma, istituito con legge regionale del 1975 e all’avanguardia in Europa; la palude della Tràppola; il tombolo di Feniglia all’Argentario, di pertinenza demaniale; la laguna di Orbetello, oggetto di recenti interventi di disinquinamento; e il lago di Burano. L’aspettativa è che, con il concorso anche dei Comuni della costa e dell’interno (significativo il progetto per il futuro Parco delle Miniere in fase di elaborazione da parte del comune di Gavorrano), si arrivi alla definizione di un complessivo piano per l’intero comprensorio della Maremma, capace di coniugare esigenze di tutela ambientale e programmi di sviluppo economico e sociale.